Lo stop agli incentivi per le caldaie a gas, in vigore dal 1° gennaio 2025, è la principale disposizione contenuta nella direttiva 2024/1275. Non essendo più possibile installare caldaie che utilizzano combustibili fossili, si punta sull’uso di impianti alternativi per arrivare alla decarbonizzazione degli edifici europei entro il 2050. Attraverso la comunicazione 2024/6206 la Commissione Europea intende sia ribadire il no ai bonus per le caldaie a gas naturale – come carbone o petrolio – sia favorire la transizione verso fonti di energia rinnovabili. Pertanto, lo stop ai bonus non riguarda gli impianti ibridi che – come evince dal nome – combinano una caldaia a gas a pompe di calore o sistemi a base di energia solare. L’importante è che la componente rinnovabile sia rilevante. Una distinzione fondamentale, perché in caso di percentuale irrisoria il richiedente non ha diritto a beneficiare degli incentivi previsti. I singoli stati membri sono ritenuti responsabili delle verifiche opportune.
Stop agli incentivi e i sistemi ibridi
Lo stop agli incentivi per le caldaie alimentate a combustibili fossili pone i singoli stati membri di fronte a nuove responsabilità. Come la definizione di quota considerevole di energie rinnovabili negli impianti di riscaldamento a sistema ibrido. Dunque, non c’è soltanto la fine della dipendenza dai combustibili fossili da mettere in conto. Ogni paese ha il compito di promuovere l’ibridazione come una soluzione valida, purché temporanea, nell’ottica della transizione. Compito della commissione europea è fornire informazioni puntuali onde evitare disguidi o equivoci. In merito allo stop agli incentivi per l’acquisto o l’installazione di caldaie a combustibili fossili dal prossimo gennaio, stabilisce che sono tali gli impianti
- Non ibridi o non combinati ad altri generatori che ricorrono a energia rinnovabile per generare calore.
- Che bruciano combustibili fossili per la totalità o in quota considerevole rispetto ad altri componenti riconducibili a fonti rinnovabili, per cui non si può considerarli di tipo ibrido.
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Le sfide italiane per la decarbonizzazione
La commissione europea, attraverso le linee guida adottate, non intende vincolare i paesi membri a un unico percorso, un’unica strategia di decarbonizzazione. Al contrario, l’intenzione è quella di lasciare margine decisionale agli stati membri perché individuino le soluzioni più idonee in riferimento alle peculiarità climatiche, sociali e urbanistiche dei singoli territori. Diverse imprese italiane del settore gas si sono pronunciate a favore delle caldaie a condensazione, ritenute più pratiche rispetto ad altre soluzioni. Questo perché il nostro è un paese che deve tener conto delle specificità di un territorio, dove
- Il 50% degli edifici esistenti appartiene alle ultime classi energetiche, ossia F e G.
- La maggior parte degli immobili – la stima è intorno al 70% – ha più di quarant’anni.
- È innegabile l’ampia presenza di appartamenti o villette di carattere storico.
- In molti casi mancano giardini privati o spazi esterni adatti a ospitare alternative tecnologiche a forme di riscaldamento/raffrescamento tradizionale
Stop agli incentivi, fine di un’era
Con lo stop agli incentivi, il cui termine ultimo è il 31 dicembre 2024, finisce l’era dei bonus fiscali del 50 o 65%. Dal giorno dopo, l’accesso ai bonus è garantito soltanto a coloro che intendono installare un impianto ibrido. Questa nuova misura ha suscitato riserve in materia di costi, perché secondo diversi dati a disposizione, il prezzo di una caldaia tradizionale è inferiore, in alcuni casi anche del 50%. Accanto alla verifica di questi dati, Codacons ha calcolato il costo degli interventi di riqualificazioni energetica degli edifici, variabili tra i 35 mila e i 60 mila euro per abitazioni di 100 metri quadri. Modelli di caldaie di nuova o ultima generazione non sono gli unici interventi. Negli ultimi anni, la riqualificazione energetica si è concretizzata attraverso l’installazione di nuovi infissi, cappotto termico, impianti fotovoltaici, pompe di calore.
Verso la transizione, il rischio svalutazione del parco immobiliare
Quando si parla di stop agli incentivi, non ci sono in gioco solo la transizione green o la decarbonizzazione. Bisogna considerare il rischio svalutazione del proprio immobile. I più disattenti e i più disinteressanti devono sapere che si stimano percentuali ragguardevoli, anche del 40%, malgrado le variabili e le peculiarità dei territori di riferimento. Un dato non trascurabile, considerando che molte abitazioni ricadono in zone climatiche fredde – quelle oltre 2100 gradi giorno. In altre parole, l’intero parco residenziale del Nord – tranne alcune città liguri – di gran parte del Centro e aree interne del Sud, dove il metano è ancora la fonte primaria. Pertanto, il futuro che ci attende non è sicuramente privo di sfide. Compito del cittadino è attenersi alle nuove disposizioni, nonché tenersi informato. Compito del professionista è invece tenersi aggiornato, per offrire un servizio puntuale di intervento, tradotto in tempi di realizzazione brevi e individuazione di alternative valide.
